Da che ci siamo lasciati, lo scorso dicembre, un aggiornamento sulla questione “SEX GATE” è doveroso, viste le proporzioni bibliche che il “fattaccio” sta assumendo. È un vero e proprio Vaso di Pandora, da cui non cessano di uscire nomi insospettabili e rispettabilissimi di fotografia di moda e non. Il New York Times miete inchieste, intervista modelli e modelle, e all’emisfero Vogue tocca allungare la lista dei “momentaneamente disoccupati”. Scava e riscava, si scopre poi che le avances, le battutine (battutacce, meglio), le palpatine e via di seguito, toccano anche le redazioni importanti, vedi un altro colosso editoriale come Vice. Insomma, l’era del #MeeToo non permette più errori e dà man forte alla denuncia.
Emily Ratajkowski & Karlie Kloss by Bruce Weber
Questi nomi sono sempre molto altisonanti e, una volta raggiunta la pubblica piazza, sono seguiti da smentite ufficiali da parte di legali e uffici stampa. Mario Testino, Bruce Weber e (ultimo aggiunto alla lista) Patrick Demarchelier, rimpolpano il ben poco lusinghiero mondo dei molestatori del fashion world. Continuano a cadere come pedine di un domino che sembra ormai inarrestabile, infangando carriere ma, soprattutto, aprendo finalmente un varco in un mondo patinato corrotto da pratiche che, a quanto pare, sono la norma.
Bella Hadid by Patrick Demarchelier
Ed è davvero assurdo, e lascia con l’amaro in bocca, che i protagonisti di queste vicende siano artisti che hanno contribuito non poco al ripensamento dell’immagine corporea maschile nella fotografia di moda, Weber su tutti. Ma come abbiamo già detto in occasione della prima parte di “SEX GATE”, qui in discussione non c’è l’indubbia bravura, quanto piuttosto un metodo, sistematico e inaccettabile. Un modo di fare che, a quanto pare, giustifica condotte schifose nel nome dell’arte della seduzione di cui la fashion photography è una delle rappresentanti più emblematiche. Come a dire che toccate alle parti intime, inviti alla masturbazione o giochi di ruolo siano indispensabili alla buona riuscita di quella o quell’altra campagna pubblicitaria. No, non è affatto così.
Gemma Ward by Mario Testino
È firmata dal team di giornalisti del The Boston Globe la nuova e freschissima indagine sugli abusi nel settore moda e porta il titolo, efficacissimo, di The Beauty and the Ugly Truth. A essere smascherata è l’intera industria, in un sistema in cui i fotografi costituiscono solo la punta dell’iceberg. Già, perché le accuse delle oltre cinquanta modelle sentite dal Globe (nella maggioranza donne, ma anche gli uomini non sono esenti) sono indirizzate ai maghi dell’obbiettivo sì, ma anche ad agenti, stylist, direttori di casting e molti altri professionisti del settore.
Liu Wen by Mario Testino
Leggere di ragazze, spesso adolescenti, trattate alla maniera di “carne da macello”, fa davvero rabbrividire. Come fa inorridire, sentire delle inqualificabili giustificazioni che chiamano in causa improbabili rapporti consensuali o fraintendimenti. Certo, come se masturbarsi di fronte ad una modella lasciasse grande spazio all’immaginazione.
Oltretutto, è bene ribadirlo, non vale la scusante secondo cui le denunce sarebbero tardive o anonime. Primo: è assolutamente normale che l’unione faccia la forza e spinga molte a svuotare il sacco solo ora. Secondo: si parla di donne e uomini spesso ancora attivi nel settore moda, per cui è comprensibilissimo l’anonimato.
Via The Boston Globe
Decisamente meno comprensibili sono i comportamenti dei soliti centri di potere, a ben vedere restii a prendere provvedimenti nonostante la realtà delle cose. Sempre il Boston Globe riferisce di come Conde Nast, nonostante la decisione di interrompere le collaborazioni con Demarchelier risalisse allo scorso dicembre, abbia riferito al fotografo della scelta presa soltanto in tempi recenti. E questo sì che è davvero gravissimo. Per non parlare delle agenzie di moda, altri luoghi di potere che, invece di proteggere o fornire supporto ai propri modelli e modelle, li lascia allo sbando e alla mercé di signori ben poco piacevoli, “favorendo” addirittura la disinvoltura negli shooting grazie a droga e alcol.
Sembra un po’ una barzelletta (di quelle che non fanno ridere però) anche la storia dell’impero digitale Vice: finanziato dalla Disney, con un target di lettori giovanissimo e pubblicazioni spesso declinate su temi scottanti e spregiudicati che cade (anche lui, sì) nella rete del sex gate targato New York Times. E, in effetti, non si deve respirare una bell’aria in casa Vice, se è vero che sono molte le donne – tra i venti e i trentanni – che si sono fatte coraggio decidendo di denunciare un ambiente ostile e misogino. Baci, carezze e avances non richieste sono la norma anche nel mondo editoriale, che si barrica dietro assurdi accordi legali di riservatezza per salvarsi la faccia.
E andiamo bene, se pure i luoghi in teoria deputati al racconto dell’industria culturale – tra cui anche la moda – fanno orecchie da mercante sui soliti modi di fare abominevoli! Ma, lo dicevamo prima, l’unione fa la forza e a quanto pare non è bastato il dispiegamento di avvocati a fermare le rivelazioni delle dipendenti che, notizia di pochi giorni fa, iniziano (finalmente) ad alzare la testa anche in merito alla disparità di retribuzione.
Ma per questa e altre storie, vi rimandiamo alla prossima puntata…