Sin da quando l’uomo moderno ne ha memoria, qualsiasi tipo di bevanda liscia, gassata, alcolica e non, viene riposta in bottiglie di plastica o di vetro. Bottiglie che spesso vengono abbandonate per terra o gettate lungo i cigli delle strade, rendendo sporche e trasandate le città. Ma non c’è solo danno estetico. Risultano essere particolarmente nocive soprattutto per l’ambiente, che impiega dai 100 fino ai 4000 anni per smaltirle e degradarle. Un’eternità.

Nel 2014 tre ingegneri spagnoli hanno dato vita ad un ambizioso progetto che ha come obiettivo quello di porre fine all’utilizzo delle bottiglie. Innanzitutto va specificato che lo stesso non ha precedenti: fino ad allora nessuno si era interessato di cambiare così radicalmente la visione che abbiamo della quotidianità. Quantomeno non coi fatti. Oggi Ooho!, questo il suo bizzarro nome, è vicinissimo alla sua realizzazione.

Ooho! bolle d'acqua

© DesignBoom

Di cosa si tratta?

Rodrigo Garcia Gonzalez, Guillaume Couche e Pierre Paslier si sono impegnati a fondo per creare una bolla biodegradabile e commestibile. Nulla di più semplice in termini di design e funzionalità. Essendo costituita da uno strato gelatinoso, ottenuto in seguito al processo di gelificazione di alghe e carbonato di calcio, è in grado di contenere qualsiasi tipo di liquido. Al momento dell’ingerimento la bolla si rompe, lasciando in bocca una strana sensazione che però ha tutto il gusto della bevanda contenuta all’interno.

Insomma, una geniale idea che risolve non solo il problema dell’inquinamento ambientale, favorendo l’eco-sostenibilità, ma anche quello della “portabilità”. Le dimensioni contenute e la massima efficienza la rendono utile anche nelle situazioni della vita quotidiana più impegnative. Basti pensare ad una donna che deve recarsi in ufficio un lunedì mattina con la pioggia che cade a dirotto. Ha sete, ma le sue mani sono occupate a reggere l’ombrello e la borsa rendendo vane le possibilità di tirarne fuori la bottiglietta d’acqua. Ma ecco che spunta Ooho! dalla tasca del cappotto e il gioco è fatto.

C’è speranza!

Ci auguriamo di veder presto le etichette delle più famose aziende agroalimentari sposare questa importante innovazione tecnologica. I fondatori del progetto sono già alla ricerca di finanziamenti che possano rendere effettiva la produzione di massa e la messa in vendita sui mercati globali. Qui il sito della Skipping Rocks Lab, la start-up che ne possiede il brevetto.

Noi di thymagazine.it siamo molto fiduciosi, e voi?