Se si cerca su Google Un autunno a Hanoi, le immagini che si troveranno sono molto differenti da quelle proposte da Clément Baloup. Internet propone scenari dai colori vivaci, parchi verdi e laghi affascinanti.
Il fumetto di Clément, invece, usa prevalentemente dei colori scuri, caldi, che ricordano la sera o il tramonto, come l’arancione tendente al rosso. Le realtà raffigurate dal fumetto hanno poco a che vedere con i fantastici panorami di Google: il motivo è perché, quello che ha realizzato Clément Baloup, è un fumetto che rientra nel filone del cosiddetto “giornalismo grafico”. Quest’ultimo, in voga nell’ultimo decennio, spazia dai reportage alle inchieste, dalla politica alla cronaca, esprimendosi sempre tramite il disegno. Oppure, come in questo caso, tratta di un viaggio particolare, quello di un ragazzo francese alla ricerca di un Vietnam che sente proprio.
Nato da madre francese e padre vietnamita, Clément Baloup ha deciso di inseguire le sue origini orientali e raccontare il Vietnam nel modo che gli riesce meglio: disegnando.
Il viaggio e il ritorno: Hanoi, “un’anima piena di contraddizioni”
Un autunno a Hanoi racconta la stagione passata dall’autore nella capitale vietnamita dove ha frequentato uno stage all’Accademia delle Belle Arti.
Il suo taglio è realista e crudo. Le sue vignette non lasciano spazio a finezze artistiche, anche se questo non sminuisce il valore del fumetto in sé… anzi lo esalta, perché lo rende testimone senza filtri di un paese poi “non così comunista”, come sottolinea ironicamente Clément all’inizio.
Nelle prime pagine troviamo l’autore che vomita, a seguito di un virus intestinale. Le vignette proseguono illustrando la scena di lui che viene buttato fuori dal direttore dell’albergo, che lo caccia via urlandogli di ritornare a casa, poiché non ha i soldi per pagare: “Benvenuti in terra comunista”, scrive sarcasticamente Clément Baloup.
Nel raccontare la sua personale esperienza, Baloup non dimentica di fare il punto completo della realtà che lo circonda. Inserisce le sue riflessioni personali, quelle di un artista attento ai dettagli, lontane dal punto di vista di un turista distratto o semplicemente curioso.
Scrive che non solo l’atrio dell’accademia dove frequenta lo stage è pieno di statue in stile “realista socialista”, ma che queste statue sono presenti in tutta la città. Statue da lui descritte come “prodotti d’importazione arrivati direttamente dall’Unione Sovietica, ma leggermente adattati per il mercato locale”. Esprime, dunque, la sua personale opinione, secondo cui queste statue non rappresenterebbero a pieno il “vietnamita comune”.
Non mancano nemmeno riferimenti molto più tecnici ed artistici, come la spiegazione della tecnica della “laccatura”, tipica del Vietnam.
In Un autunno a Hanoi, Clément offre una panoramica della città a 360 gradi, toccando ogni possibile tasto: dalla descrizione della vita notturna, alla vita personale dei cittadini. Infatti, ci delizia con il racconto di una delle sue sere (una delle tante, probabilmente!), in cui si diverte a “sbronzarsi” con gli abitanti del luogo che cercano di farsi offrire una birra in più. Nel fumetto non mancano neanche scene inquietanti, apparentemente lontane dallo scopo primo del fumetto, come quelle che raccontano la storia di Hoa, una ragazza il cui nome vuol dire “fiore”. Hoa gli racconta che un giorno, da piccola, uccise un pulcino con un coltello, ricordo ancora per lei doloroso; colorate di rosso – il sangue dell’innocente animaletto – le vignette non lasciano spazio all’immaginazione.
Infine, verso le ultime pagine del fumetto, i dettagli per lui più significativi. Dettagli che a occhi distratti potrebbero apparire irrilevanti, diventano invece protagonisti: la zuppa con gli spaghetti bianchi e la carne, un anonimo gatto bianco per strada, la folla e il traffico, così come il suo motorino in affitto che è riuscito ad apprezzare solo alla fine e per cui, adesso, soffre, dovendolo restituire. Infatti, Clément deve ritornare in Francia e pensa ad Hanoi come “un’anima piena di contraddizioni che lascia un segno nel cuore”.
L’affermato fumettista, nonostante sia noto solamente a una nicchia di lettori, è senza dubbio un entusiasta portavoce dell’ancora parzialmente sconosciuto Vietnam. Un autunno a Hanoi venne realizzato nel 2004, ma l’ultima edizione è uscita quest’anno, pubblicata dalla casa editrice La Boîte à Bulles.
Chi è Clément Baloup e cosa lo ha spinto a dedicarsi a questa forma d’arte?
Sul blog di Clément Baloup, scopriamo che è nato nel 1978 e ha passato la sua infanzia fra l’Europa, la Polinesia e il Sud-America. Dopo aver studiato design a Marsiglia, ha frequentato la scuola delle Belle Arti ad Angouleme e ad Hanoi. Adesso insegna alla scuola di Arti Applicate di Marsiglia, nel sud della Francia.
Il vignettista francese ha realizzato diversi lavori, fra cui Mémoires de Viet Kieu, uno dei più affermati, diviso in tre tomi. Il fumetto, stavolta, ha tutt’altro scopo, sebbene ugualmente nobile: raccoglie diverse testimonianze di rifugiati vietnamiti, costretti all’esilio o alla migrazione a causa della guerra. L’opera è parzialmente basata sulla reale storia della sua famiglia.
Clément Baloup ha vinto diversi premi e molti dei suoi lavori sono stati acquisiti come collezioni private a Marsiglia, Bruxelles, Parigi, Dubai e Londra.
Clément Baloup, Mémoires de Viet Kieu
Il famoso fumettista confessa che, quando parte per uno dei suoi viaggi in cerca d’ispirazione, si sente non solo un turista, ma anche un carpentiere ed un reporter, cosa che, secondo lui, è la parte migliore dell’essere un artista libero. Ma non è tutto: davanti alla sua tavola da disegno, Clément Baloup diventa un “artigiano”, come lui stesso si definisce. Organizza, struttura, e crea un meccanismo narrativo che nasce dalle testimonianze raccolte dall’autore stesso, il tutto per un unico fine: la sincerità. Le sue vignette devono riflettere la voce delle sue testimonianze, di tutte le persone che ha incontrato e che, naturalmente, gli hanno dato tanto.