Immaginatevi questa scena: New York, Chinatown, più precisamente Canal Street, vale a dire il regno del contraffatto di matrice modaiola, e ignari passanti che vengono attirati in un piccolo negozietto simile, in tutto e per tutto, a quelli a fianco, colmi di cianfrusaglie e ninnoli fasulli di ogni tipo. L’insegna sull’attività riporta la dicitura “DEISEL”, stesso font, stessi colori del brand originale.
@ Diesel
Eppure, qualcosa non va, la “E” e la “I” del marchio sono invertite. Un’attenta ragazza se ne accorge (“This is not how you spell Diesel”), mentre un’altra, addirittura, controlla lo spelling del logo sul cellulare. Fin qui, tutto nella norma, verrebbe da dire, e il piccolo negozio è il “fratello” dei tanti presenti sulla via che propongono copioni dei marchi del lusso. In fondo, anche il costo è ridicolo (non il consueto listino di Diesel) e gli originali commessi contrattano sul prezzo che manco i vu cumprà dei litorali romagnoli.
Via abovethesole.co.uk
E invece… E invece si tratta dell’ultima, geniale, trovata di Renzo Rosso, patron di Diesel. Un pop-up store lontano dalle vie del lusso newyorchesi che, scimmiottando i copy-cat della moda, propone in realtà una collezione in tiratura limitatissima e a prezzi assolutamente ragionevoli. Insomma, hanno fatto un affarone i clienti più open-minded che, non curandosi della corretta scrittura del logo, si sono accaparrati felpe, t-shirt e jeans assolutamente originali (e che potranno rivendere, magari su E-bay, a prezzi altissimi). Già, perché lo stand di Canal Street è rimasto aperto soltanto pochi giorni, fino al 13 febbraio, con le vendite che continueranno sul sito del marchio ma, questa volta, non più a venti o quaranta dollari.
@ Diesel
A essere premiati dalla geniale operazione di marketing, sono stati dunque i più audaci. Quelli che, al bando l’acquisto di merce autentica, sono andati controcorrente, acquistando anche quello che, a una prima occhiata, sembrava il solito, ennesimo fake.
La brillante e ironica idea di Renzo Rosso ha cavalcato alla perfezione quello che è ormai a tutti gli effetti un maxi trend nella moda: la logomania. Se fino a qualche anno fa la coolness richiedeva poco sfoggio di logotipi, oggi non è più così e i nomi dei marchi del lusso sono tornati prepotenti ad affacciarsi su magliette, capispalla, borse e cinture. Però, a ben vedere, qualcosa è cambiato. Non ci si prende più troppo sul serio e anche un mega brand come Gucci, ha storpiato il suo nome nel decisamente più divertente Guccy.
@ Gucci
Ma è girovagando sui social, Instagram su tutti, che la tendenza alla caricatura si manifesta in tutto il suo splendore con una moltitudine di brand votati alla presa in giro. Sono divertentissime, ad esempio, le creazioni della designer Dana Frid che stampa sulle t-shirt degli improbabili “Die for Dior”, o “I see both side like Chanel”. Il suo lavoro, poi, non si ferma solo alle tee e investe anche i pantaloni che gridano dei sacrali “Rest in Prada”.
@ Dana Frid
Sulla stessa scia, anche i lavori di Fornever, fashion brand di base a Londra che ha trasformato Christian Dior in “Christian Eior”, con tanto di asinello triste, e l’iconico Guess in un dissacrante “Bless”. Bellissima (e perfetta per i nostalgici anni ’90) la t-shirt che sbeffeggia Supreme riproponendone il logo alla maniera della serie TV cult Friends.
@ Fornever
Certo, questi giovani designer non hanno inventato nulla perché, ricordiamocelo, la storpiatura per eccellenza era tutta italiana, pardon, romana. Il goliardico “Versace…n’altro litro”, era assolutamente kitsch, ma altrettanto assolutamente strepitoso!