Nelle ultime settimane sarebbe bastato un giretto su Netflix per accorgersi dell’arrivo della seconda stagione di Dear White People. Se in Italia questa splendida serie TV è passata in sordina, in America ha creato un dibattito culturale non indifferente: esiste il razzismo verso i bianchi? Quanto può pesare il razzismo nel nostro millennio e in un paese come gli Stati Uniti d’America?

Dear White People si propone come una dramedy che fa divertire e pensare allo stesso tempo, a volte persino rabbrividire. Rabbrividire perché è capace di far immedesimare chiunque faccia parte di una minoranza – e nel 2018, non c’è niente di più spaventoso di questo.

La trama

Samantha White è una studentessa della prestigiosa Winchester University. Ha ottimi voti, studia cinematografia, ha un programma radiofonico, proviene da una famiglia per bene. Ma Samantha White è anche una ragazza di colore – o meglio, è figlia di una coppia mista che l’ha sempre tenuta in bilico tra i due mondi: troppo bianca per essere una vera afroamericana, troppo scura per essere una bianca.

Photo: Adam Rose/Netflix

Il suo programma radiofonico, Miei carissimi bianchi, non va molto per il sottile: il razzismo è un problema ancora molto grave in America e nemmeno il prestigioso Winchester ne è immune. Ma Sam lo affronta con un’ironia pungente. Attorno alla figura di Samantha gravitano i suoi amici, il fidanzato tenuto segreto perché bianco e il rettore. Ogni episodio è dedicato a un diverso personaggio e al suo personale punto di vista, perché non ci è concesso perderci proprio nulla… Tra accesi dibattiti culturali e feste poco ortodosse, i ragazzi neri della Winchester dovranno affrontare non solo sé stessi, ma anche il (pre)giudizio degli altri.

Dear White People contro l’intolleranza

La serie, creata da Justin Simien (che già nel 2014 aveva diretto un film con lo stesso titolo), si propone come una divertente ma triste realtà dei giorni nostri. Essere un afroamericano non è facile, nemmeno se provieni da una famiglia benestante e frequenti un college come il Winchester. Attraverso l’ironia, Sam e gli altri provano a far capire ai loro colleghi bianchi, e a noi telespettatori, cosa significhi vivere in una società che ti identifica col colore della tua pelle.

Le mie battute non incarcerano i vostri giovani, non rendono poco sicuro camminare nei vostri stessi quartieri, ma le vostre lo fanno: quando ci prendete in giro o ci sminuite, date forza a un sistema già esistente, i poliziotti che puntano un’arma contro un nero non vedono un essere umano, ma una caricatura, un teppista, un negro.
Samantha durante il suo programma radiofonico

I personaggi hanno varie… sfumature di colore

Dear White People ci presenta una serie di ragazzi afroamericani che no, non fanno parte di una gang e non hanno genitori in prigione. Fanno tutti più o meno parte della media borghesia e desiderano studiare, l’unica cosa che li accomuna è il colore della pelle.

Lionel, per esempio, affronta il problema della propria sessualità, ci fa capire cosa significhi essere nero e anche gayCoco desidera con tutta sé stessa avere ciò che il mondo ha negato a sua madre – e che un po’ negherà anche lei, perché donna e perché afroamericana. Reggie è un genio dell’informatica, ma questo non gli impedirà di essere il protagonista di un brutto incidente; Joelle vive col “complesso dell’eterna seconda“, nonostante sappia di essere una vera star.

Quello che piace di Dear White People è che potrebbe (e dovrebbe) essere presa come esempio. Fa riflettere la facilità con cui situazioni all’apparenza normali vengano messe sotto la lente d’ingrandimento. Le digressioni e i lunghi dibattiti che i personaggi hanno nel corso degli episodi, sui vari gradi di intolleranza (razzismo, omofobia, misoginia), non sono mai pesanti e non sono mai gettati lì a caso.

Che siate bianchi, neri, uomini, donne o giraffe, Dear White People è una gigantesca lezione di tolleranza per tutti quelli che almeno una volta nella vita si sono chiesti: “Avrò mica detto una cosa razzista?”.