In questo periodo, tra i Golden Globes e gli Oscar, tra i cultori di cinema e semplici appassionati si parla sempre più spesso dell’adattamento cinematografico del libro di André Aciman, Chiamami col tuo nome. Candidato a ogni festival possibile, il film del regista italiano Luca Guadagnino non ha ancora vinto niente di rilevante, ma si spera sia solo l’inizio. Sui social la pellicola è stata già acclamata a furor di popolo e la magistrale interpretazione di Timothée Chalamet lo ha lanciato nell’Olimpo della Young Hollywood.
La trama non si discosta molto dal libro: in una calda estate italiana del 1983, il diciassettenne Elio, un musicista colto e sensibile, trascorre le vacanze nella villa di famiglia. Il padre, professore universitario, come ogni anno ospita uno studente straniero per lavorare alla sua tesi di post dottorato. L’arrivo di Oliver, ventiquattrenne statunitense, sconvolge la vita e la sessualità di Elio, che se ne innamora immediatamente. Tra lunghe passeggiate, nuotate e discussioni, tra i due ragazzi nasce dapprima una tenera amicizia, che sfocerà poi in una passione travolgente.
Sebbene non vi siano grandi colpi di scena, Chiamami col tuo nome è un film che appassiona, coinvolge, è elegante e molto malinconico. Non è solo la storia di un amore appena sbocciato, ma anche e soprattutto la scoperta della sessualità in età adolescenziale: nonostante la sfrenata passione per Oliver, Elio ha dei rapporti con ragazze della sua età ed è alla continua ricerca di sé stesso. Vengono, inoltre, toccati un numero infinito di argomenti, perché la villa del professor Perlman accoglie studiosi di vario genere e anche di varie lingue.
Un elemento che mi ha colpito di questo film è proprio quello linguistico. Il doppiaggio italiano, purtroppo, non renderà giustizia a tutte le lingue della famiglia di Elio – a tavola, i Perlman parlano in italiano, in inglese, in francese, passano da un registro linguistico all’altro senza problemi, anche con gli ospiti. Elio parla francese con la fidanzata, italiano con sua madre, inglese con suo padre.
La storia sembra “dipinta” sulla pellicola, un effetto rinforzato dall’eccellente fotografia e dalla sceneggiatura, che è un adattamento molto fedele al romanzo di Aciman.
Elio e Oliver sono interpretati rispettivamente da Timothée Chalamet e Armie Hammer. Se il secondo è più conosciuto in Italia grazie ai film The Social Network, J. Edgar e Operazione U.N.C.L.E., il giovane Chalamet (classe ’95) affronta in Chiamami col tuo nome il suo primo ruolo da protagonista indiscusso. Il regista Guadagnino ha scelto con cura entrambi, convinto che “avessero la sensibilità giusta” per affrontare la storia e i personaggi. L’alchimia tra i due attori ha reso il film un gioiellino che possiamo guardare dal 25 Gennaio nelle sale, tutto condito da altre fantastiche interpretazioni come quella di Michael Stuhlbarg, padre di Elio.
Amira Casar, Esther Garrel (sorella di Louis Garrel) e Victoire Du Bois interpretano rispettivamente Annella, Marzia e Chiara. Anche lo scrittore Aciman e il produttore Peter Spears compaiono brevemente nei ruoli di Mounir e Isaac: una coppia gay che partecipa a una cena.
Guadagnino seleziona personalmente le musiche per i suoi film e, in questo caso, ha scelto un “narratore musicale” poco conosciuto ma degno di nota: Sufjan Stevens. Quest’ultimo ha contribuito con tre canzoni alla colonna sonora: Mystery of Love, Visions of Gideon e una nuova versione di Futile Devices con pianoforte.
Infine, la colonna sonora include anche canzoni di The Psychedelic Furs, Loredana Berté, Bandolero, Giorgio Moroder, Joe Esposito e F.R. David. Guadagnino voleva che la musica del film fosse collegata a Elio, un giovane pianista a cui piace trascrivere e adattare pezzi e ha anche studiato ciò che era popolare alla radio nell’estate del 1983, in modo da rimanere fedele al periodo storico.
Quest’ultimo film di Guadagnino non è solo il caso cinematografico dell’anno. Regista, sceneggiatori e attori hanno costruito una storia che è autenticamente bella, senza fronzoli o colpi di scena della cara Hollywood. Spesso la recitazione si serve di semplici sguardi, sorrisi, lacrime, ma non si sente la mancanza di un dialogo. Tutto ha un senso, nella storia d’amore di Elio e Oliver, anche i colori, la musica e la lingua.
E poi, volete davvero essere gli unici a non aver visto la famosa “scena della pesca”?